Soulcalibur VI vanta un ottimo combat system, tuttavia la qualità grafica risulta troppo altalenante e ci sono troppe fetch quest
Soulcalibur VI ritorna in auge dopo 6 lunghi anni di attesa, pertanto ci aspettano nuove conoscenze (Groh e Geralt di Rivia, protagonista di The Witcher) e graditi ritorni.
A dispetto del numeretto posto nel titolo, l’epopea mette in piedi una sorta di “reboot”, anche se poi la mitologia del prodotto non riparte proprio da zero: il passato non è stato cancellato, ma semplicemente si è deciso di non fare grossi passi in avanti.
Si tratta di un picchiaduro a arene tridimensionali che potremmo definire unico nel suo genere, in quanto i contendenti non si affrontano a mani nude ma solo con armi bianche. Il giocatore, dunque, è chiamato alla scelta di uno specifico strumento da maneggiare, il quale inevitabilmente finisce col cambiare radicalmente l’approccio alla sfida.
La saga di Bandai Namco ruota attorno al dualismo tra due armi leggendarie: Soul Calibur e Soul Edge. La seconda è una spada divoratrice di anime che — ciclicamente — riemerge dalle ombre per sedurre le menti più malvagie, sì da seminare morte e distruzione. Di converso, Soul Calibur veste il ruolo opposto, riportando l’ordine e la stabilità.
Soulcalibur VI tiene fede alle proprie origini ma non disdegna qualche novità, del resto nel team creativo troviamo pure Motohiro Okubo, un tempo producer di Tekken.
La storia di Soulcalibur VI è ambientata nel sedicesimo secolo (dal 1583 fino al 1590), e precisamente durante il periodo che prende il nome da “La Cronaca dell’Anima”. Va subito detto che il plot principale (purtroppo) non riesce a catturare il giocatore nè per ritmo nè per qualità della trama, inoltre la durata della main quest è risibile.
Un pò come abbiamo già visto in Tekken 7 anche qui il copione viene continuamente interrotto da scontri prestabiliti, su cui il giocatore non ha voce in capitolo circa il progresso della trama. Il titolo ci mette subito nei panni di Kilik, impegnato nella difesa del tempio di Ling-Sheng Su.
La struttura è articolata in maniera disorganica, difatti siamo alle prese con più timeline. Alcune vicende s’intersecano tra loro (vedi le sorti di Kilik, Maxi, Taki e Xianghua), ma altre risultano del tutto slegate perché relative a tempi e luoghi differenti (es. Sophitia e Talim).
Per approfondire il contesto è possibile anche fare una capatina al Museo, sì da consultare documenti, compendi, e persino un’enciclopedia. Alcuni di questi oggetti vanno prima acquistati attraverso i Punti Anima (PA), che a tutti gli effetti rappresentano la valuta interna del gioco.
Soulcalibur VI non vanta solo la modalità storia
In Bilancia dell’Anima (evoluzione delle Chronicles of the Sword viste del terzo capitolo) il giocatore può crearsi un personaggio del tutto originale grazie al potente editor, al fine di lanciarsi nella consueta struttura a missioni, vivendo così l’avventura da un punto di vista differente da quello de Le Cronaca dell'Anima. Questa modalità si presenta come una sorta di gioco di ruolo con tanto di: ampie zone da esplorare, materiale da raccogliere, NPC da visitare (mercanti, fabbri, e mercenari da reclutare).In Bilancia dell’Anima non va sottovalutato il cibo da ingurgitare, in quanto dà accesso a vari bonus passivi (es. un blando recupero graduale della salute durante il combattimento), tuttavia tale modalità risulta anche piena zeppa di fetch quest banali e noiose.
Per fortuna, questo contenuto single-player vanta pure una discreta libertà interpretativa, visto che ogni scelta compiuta porterà a un esito differente, in ottemperanza all'allineamento morale del protagonista. C’è persino un sistema di progressione che tiene conto del livello raggiunto dal personaggio, per cui variano alcuni parametri tra cui resistenza e potenza d'attacco.
Lo stile di combattimento risente della particolare natura delle armi, per cui al centro di tutto troviamo lo spacing, ovvero la gestione degli spazi. Il giocatore deve dunque imparare a leggere le distanze che intercorrono tra i corpi dei lottatori.
Il moveset base non è stato rivoluzionato, abbiamo: un tasto per la parata, due pulsanti per gli attacchi verticali e orizzontali, e un ulteriore comando per regolare l'uso dei calci.
A differenza di altri picchiaduro a incontri, qui non s’incorre nelle solite criticità dovute al juggling (la pratica è comunque presente). Bensì, le manovre (offensive e difensive) sono determinate dalla classe dell’arma imbracciata: nello specifico occorre prestare attenzione a raggio d’azione, rapidità, e danno procurato.
Oltre alle contromosse basate sul timing, in Soulcalibur VI possiamo contare sul Taglio Invertito (o Reversal Edge). Si tratta di una sorta di mini duello in cui i contendenti devono far leva su uno dei tasti d’attacco per avere la meglio, per cui — un pò come nella morra cinese — il gioco introduce un elemento di casualità che mal si sposa con lo storico approccio molto competitivo.
Per il resto ritroviamo meccaniche già viste in altri competitor, compresi i soliti attacchi da stordimento, spezzaguardia, e mosse “super” che ricordano le Rage Arts di Tekken 7. Merita una menzione d’onore la Carica dell’Anima, la quale permette sia di allontanare con veemenza l’avversario, che di moltiplicare i danni inferti entro un dato lasso di tempo.
Il vero punto di forza di Soulcalibur VI risiede nel bilanciamento del sistema di combattimento. Si tratta di uno dei migliori esponenti del genere, anche se — come per altri competitor moderni — è stato accompagnato da un’introduzione arcade (il Taglio Invertito) atta a limitare la distanza tra i neofiti e i giocatori più abili. Ad ogni modo, chi dedicherà tempo e passione all'apprendimento delle varie tecniche avrà comunque dei reali vantaggi in ambito competitivo.
Piacevole sì, ma non entusiasmante sul versante grafico
Soulcalibur VI non sbalordisce sul piano tecnico, nonostante l’uso del poliedrico Unreal Engine 4. Non troviamo evidenti problemi strutturali, ma c’è un forte stacco qualitativo tra la buona cura dei modelli corporali dei personaggi e lo scarso impegno rivolto all'allestimento delle ambientazioni.Non solo lo sfondo è realizzato in bassa definizione, risulta persino sfocato in talune circostanze; senza contare che le arene sono troppo statiche. Per fortuna i buoni giochi di luce ci mettono una pezza: i riflessi non sono molto realistici ma risultano spettacolari. Tuttavia, non tutti i volti riescono ad essere espressivi come ci si aspetterebbe.
Le animazioni dei personaggi sono molto curate, ma soprattutto cambiano in base all'arma imbracciata. Questo aspetto è molto importante in quanto non impatta solo sul fronte estetico, ma influisce in maniera determinante sul gameplay.
Il discorso sul matchmaking (al momento) non è proprio roseo: non si può eccedere nelle restrizioni alle connessioni, altrimenti si fatica a trovare dei match validi. Anche i tempi di caricamento andrebbero velocizzati.
Modus Operandi: ho realizzato questa recensione dopo aver acquistato il gioco su steam.
Titolo: Soulcalibur VI
Genere: Picchiaduro a arene tridimensionali
Sviluppatore e Editore: BANDAI NAMCO
Data di rilascio su pc: 18 ottobre 2018
Prezzo di lancio su steam: 59,99 euro
Commento finale
Soulcalibur VI vanta un sistema di combattimento molto tecnico e soddisfacente (a parte la succitata introduzione arcade), ma purtroppo fa un passo indietro sul fronte narrativo, nonostante la presenza — sulla carta — di ben due modalità a tema (Cronaca dell'Anima e Bilancia dell’Anima). Un tempo la saga traeva forza anche dalla lore, ma nella moderna industria ludica la sceneggiatura sta perdendo appeal agli occhi degli sviluppatori, non a caso Soulcalibur VI presenta solo un numero esiguo di sequenze cinematiche, per il resto si serve di artwork. La longevità invece è elevata.Pro:
- Ottimo sistema di combattimento
- Buona varietà di contenuti
- Più spettacolare che mai…
- Roster qualitativamente ben differenziato
- Main quest breve e noiosa
- Poche opzioni online per creare tornei e matchmaking da rivedere
- ... Ma qualità grafica altalenante
Voto 8,1
Fonte immagini: google