Finding Paradise | Freebird Games - Recensione

Finding Paradise è un'esperienza malinconica, intima e appassionante, animata da un'emozionale pixel art a 16 bit


Finding Paradise è uno di quei rari gioielli che trascende la naturale collocazione in un genere ludico di riferimento, ponendosi a metà strada tra videogame e racconto interattivo. Si può discutere a lungo sul concetto di meta-gioco, ma su una cosa penso tutti saranno d’accordo: se un’opera qualsiasi (libro, film, quadro, scultura, …) riesce a trasmetterti delle forti emozioni, allora va assolutamente celebrata e vissuta.
Kan Gao è uno sviluppatore indipendente animato da una sensibilità disarmante, e lo ha dimostrato già con To the Moon.
Non so se c’è altro dopo il trapasso e posso solo immaginare cosa possa provare un essere umano che si trova al termine del suo ciclo vitale, che ha vissuto tante vicende e conosciuto tanti altri individui. Ma so quanto possa essere difficile affrontare un tema così delicato.
Di sicuro — sebbene con le evidenti differenze dei vari percorsi di ognuno di noi — i rimpianti fanno parte di un pò tutti gli esseri umani: siamo sognatori, siamo creature che mirano a risultati sempre più alti, che faticano a crogiolarsi nelle gioie già conseguite. Al di là di quante buone e belle cose avremo fatto, in futuro ci potremo chiedere comunque cosa sarebbe successo se avessimo fatto un altra scelta, se avessimo intrapreso un altra strada.
Ed è proprio uno di questi crucci che tiene ancora in vita il nostro nuovo protagonista e paziente della Sigmund Corp. Il nostro compito sarà dunque quello di soddisfare il suo ultimo desiderio prima di lasciarlo andare, proprio come accadde con Johnny Wyles 6 anni fa.




Colin Reeds è un ex pilota di aerei appassionato di musica classica, particolarmente ammaliato dalle note suadenti del violoncello.
Il giocatore è invece chiamato a muovere la pragmatica dottoressa Eva Rosalene e il poco empatico dottor Neil Watts della Sigmund Corporation, i cui sofisticati macchinari sono capaci di manipolare le memorie, un pò come visto in Inception e Atto di Forza.
Il viaggio da percorrere è tortuoso e ricco di passaggi in avanti e indietro lungo una linea temporale evanescente e frammentata. I ricordi di Colin non sono lineari ma viaggiano liberi come delle onde, seguendo le emozioni passate più forti, animate anche da piccole cose come il caratteristico colore e profumo dell’ibisco o la leggerezza di un aeroplanino di carta. Colin condividerà con noi pezzetti della sua intimità, alcuni dei quali risultano preclusi persino ai suoi familiari più cari (la moglie Sofia e il figlio Asher): l’unica cosa che ci chiederà sarà rispettare il suo ultimo volere.


Riscrivere il passato, per alleggerire il peso dell’anima dai rimpianti

Finding Paradise si erge sulle solide basi allestite in To the Moon, ma si concentra su un altro paziente. Colin però non è una vera e propria new entry, l’abbiamo già conosciuto in A Bird Story, una sorta di prequel dalla durata di appena un’ora di gioco, che in verità mi aveva lasciato (all’epoca) o un pò perplesso circa la natura di un progetto privo di linee di dialogo. Ora invece ho un quadro più ampio delle vicende, e finalmente comprendo la portata narrativa dell’amicizia tra l’ex pilota (lì però era ancora un ragazzino) e il curioso e sfortunato uccellino di quello short game.
Ci sono anche altri temi che sorprendentemente aleggiano sul titolo, e che riescono a sdrammatizzare i toni seriosi con un’eleganza straordinaria: l’umorismo e il cinismo. Quest’ultimo lo scopriamo subito nel cortile della struttura in cui ci sta aspettando la famiglia di Colin, quando siamo chiamati a risolvere una disputa tra due "piccole donne": non vi svelo nulla, vi dico solo che ci aiuteranno a comprendere meglio il profilo di Neil ed il suo modo di affrontare la vita.
L’umorismo arguto lo troviamo in tante piccole cose, come nella simpatica divagazione opzionale che potrete vivere recandovi nella stanza accanto a quella di Colin, se non affretterete i tempi dettati dalla signora Sofia. Lo scambio di battute con un possibile e futuro paziente della Sigmund Agency of Life Generation si presta appunto come un gustoso antipasto (battete più volte la sua porta). Più in là avremo modo di assistere a ulteriori e più interattivi siparietti, che fanno il verso a vari meccanismi di generi videoludici completamente diversi: c’è persino una sequenza in stile picchiaduro, con tanto di boss fight da cabinato anni 80.
Passando al quadro più pratico del gameplay, non ci sono grosse novità da segnalare. Al solito dobbiamo ricostruire una linea temporale, esplorando alcuni frammenti di vita e recuperando specifici link mnemonici, interagendo con l’ambiente circostante. L’opera non è basata su rompicapi che richiedono dei riflessi fulminei, ma puntano invece al simbolismo. Ci sono semplici segnali da decifrare e indizi da cogliere, magari in una battuta strappata a uno dei vari NPC. All’atto pratico dobbiamo individuare degli oggetti collegati a uno specifico ricordo, sì da attivare un minigioco nel quale disporre i vari item, fino a farli svanire. L’operazione va quindi reiterata più volte, acquisendo così tutti i pezzi del puzzle.
Sono supportate più periferiche: gamepad, mouse e tastiera. Oltre alle 4 direzioni ci sono solo altri due pulsanti da animare: uno per interagire con l’ambiente, l’altro per accedere al diario di gioco.
La longevità si aggira sulle circa 4-5 ore, a seconda che vogliate o meno saltare alcune sequenze opzionali.

Finding Paradise | Freebird Games - Recensione


Uno straordinario romanzo in pixel art, malinconico, intimo, dolce e appassionante

L’estetica è minimalista, d’altronde Finding Paradise è stato realizzato con RPG Maker. Questa scelta permette però di rendere il quadro più leggero: le espressioni facciali sono un pò buffe e impertinenti, e solo la pixel art a 16 bit avrebbe potuto donare questa patina.
A parte qualche lieve rallentamento, l’esperienza gira fluida e senza intoppi.
La colonna sonora Wish my life away è piacevole, ma non raggiunge la forza espressiva di For River (ascoltata in To the Moon); la voce è quella di Laura Shigihara.
Al momento non è presente la lingua italiana nei sottotitoli ma l’inglese è molto semplice, a parte un paio di modi di dire che potrebbero non essere subito colti da chi conosce poco il mondo anglosassone.

Modus Operandi: ho realizzato questa recensione grazie a un codice per il download su steam gentilmente fornitomi dallo sviluppatore del gioco.

Titolo: Finding Paradise
Genere: racconto interattivo con elementi puzzle
Sviluppatore e Editore: Freebird Games
Data di rilascio su pc: 14 dicembre 2017

Commento finale

Finding Paradise poteva cadere facilmente nei pericoli insiti nei sequel senz'anima, soprattutto perché To the Moon era stato davvero un progetto unico, toccante e commovente. Eppure Freebird Games è riuscita a bissare il successo maturando il concept precedente. E l’impresa è riuscita perché stavolta si è puntato più sull'aspetto riflessivo e psicologico, piuttosto che battere la stessa strada del sentimentalismo. E secondo il sottoscritto è stata una scelta saggia.
Il predecessore riusciva a toccare con più naturalezza le corde dell’anima, mentre il titolo recensito oggi risulta più completo e armonioso. L’impatto delle vicende è meno travolgente ma costringe il giocatore a ragionare sulla legittimità della manipolazione dei ricordi più preziosi: dolori sì, ma autentici.

Pro:
  • Narrativa e sviluppo dei personaggi
  • Colonna sonora
  • Atmosfera


Contro: 
  • Meccaniche semplicistiche
  • Scarsa interazione ambientale

Voto 8,4

Fonte immagini: google