Wonder Boy: The Dragon's Trap | Lizardcube - Recensione

Wonder Boy: The Dragon's Trap è più di una semplice remastered di Wonder Boy III The Dragon's Trap, uscito nel 1989 per Sega Master System




Wonder Boy: The Dragon's Trap è stato realizzato da Lizardcube con la collaborazione di DotEmu, detentrice dei diritti. E non si è limitata a una mera conversione, ma il team francese ha apportato significativi interventi al comparto tecnico e grafico. La versione moderna è stata completamente ridisegnata a mano, mentre le meccaniche e la campagna sono rimaste pressoché le medesime. E’ possibile anche accedere istantaneamente (qualsiasi sia il punto del gioco in cui vi troviate) alla release grafica originale, una feature vista già in altre remaster quali Day of the Tentacle Remastered e Grim Fandango Remastered.
La serie, cominciata nel 1987, probabilmente ha confuso qualcuno con i vari nomi assunti in passato: alcuni episodi sono stati chiamati Wonder Boy, altri Monster World. Inoltre i migliori capitoli sono usciti in Giappone all’epoca delle console a 8 e 16 bit.

L’avventura ci vede vittima di un anatema, e ci priva del formidabile equipaggiamento

Wonder Boy The Dragon's Trap parte dall’epilogo di Wonder Boy in Monster Land (il secondo capitolo della saga), quando il protagonista viene trasformato in un lucertolone antropomorfo, in seguito alla sconfitta contro il Drago Meka. Il focus della campagna è riposto dunque nel ritrovamento di un’importante reliquia (la Croce Salamandra) in grado di ripristinare le originali fattezze dell’eroe, e per far ciò ritorniamo innanzi tutto al villaggio di Alsedo. Dovremo così peregrinare in lungo e in largo un Mondo caratterizzato da grandi aree interconnesse, e raccattare un nuovo equipaggiamento visto che il ragazzo delle meraviglie perde le armi migliori in seguito allo scontro col drago meccanico (nel castello).
Tuttavia il nostro non è molto fortunato, e invece di risolvere subito il suo problema finisce con l’imbattersi in nuovi boss e nuove trasformazioni. Queste però ci permettono di esplorare zone altrimenti inaccessibili, e affrontare nuovi nemici. Si tratta del tipico incedere di un metroidvania, come visto nel “moderno” Dust An Elysian Tail o in altri esponenti dell’epoca d’oro quali Zelda II Adventure's of Link e Castlevania II Simon's Quest.
Molti aspetti sono comunque lasciati all'immaginazione, anche perché 28 anni fa i videogame non avevano certo una struttura narrativa articolata: l’aspetto più importante era il gameplay.

Wonder Boy: The Dragon's Trap | Lizardcube - Recensione


Un gioiello che brilla di luce propria ancora oggi, dopo quasi trent’anni

Prima di iniziare l’avventura occorre scegliere se interpretare Wonder Boy o Wonder Girl (controparte al femminile), tuttavia ciò non influisce minimamente né sulla narrativa né sulle meccaniche. Difatti si tratta di un’aggiunta moderna per poter far immedesimare probabilmente meglio una ragazza nel contesto, laddove in passato spesso si dava per scontato che il personaggio dovesse essere di sesso maschile.
Inizialmente siamo in grado di sputare fuoco e accovacciarci. Ma dopo aver abbattuto il Drago Mummia in una piramide (si tratta del primo vero boss) la nuova maledizione ci permette di vestire i panni di un topo capace di camminare sui soffitti e sulle mura. La progressione ci vedrà inoltre mutare in: piranha, sì da nuotare sott'acqua; leoni, capaci di infliggere danni maggiori; e falchi, particolarmente abili nel volare e nel schivare. Inizialmente queste mutazioni saranno perenni, ma in seguito acquisiremo la possibilità di cambiare stato, sì da scandagliare tutto l’ambiente (prima non raggiungibile).
Una delle caratteristiche peculiari per l’epoca — sebbene superficiale — è l’inusuale spruzzatina Gdr: alcune armi e armature (acquistabili presso alcune botteghe, o reperibili in celate zone pericolose) variano i punti d'attacco o di difesa, in base all'aspetto assunto dal personaggio.
Wonder Boy The Dragon's Trap non è un gioco semplice, sebbene i boss si muovano secondo pattern specifici (poco inclini alla casualità). Sono quindi fondamentali sia i riflessi nei combattimenti e nei salti (da calcolare con estrema precisione), che la memorizzazione delle trappole e degli scrigni (dove reperire le pozioni curative): gli errori si pagano a caro prezzo, vista l’anima punitiva, soprattutto perché le hit box non sono (e non erano) molto precise. Questo perché una volta bisognava prestare attenzione alle routine, che andavano necessariamente apprese per poter aver la meglio: è l’aspetto esaltato ad esempio da Sam Brenner (interpretato da Adam Sandler) nel film Pixels (del 2015).
Inoltre le varie forme non sono bilanciate, falco e topo sono ad esempio meno efficaci nella lotta, sebbene mostrino ottime doti d’agilità.
L’aspetto più critico di questi prodotti è posto nella longevità. Ovviamente tanti anni fa non c’era il salvataggio dei progressi, e una volta spenta la console occorreva ripetere tutto il percorso al nuovo riavvio. Questo dilatava i tempi, ma ora che è possibile scegliere tra i 3 livelli di difficoltà (altra feature non disponibile negli anni ’80) ci si rende conto di quando questi giochi fossero più piccoli degli attuali. Il titolo può quindi durare anche solo 3 ore (4 se ci si dedica a tutte le zone nascoste). Non è un limite peculiare di Wonder Boy: The Dragon's Trap, ma una constatazione che possiamo fare anche con altre vecchie glorie, vedi Metal Slug. E comunque, se non si è mai preso in mano il titolo del 1989 (o non si ha un occhio allenato a questa tipologia di platform 2D labirintici) s’impiega almeno il doppio del tempo, vista la mancanza di un tutorial articolato e la conseguente presenza del trial and error; soprattutto se si vuole affrontare tutti i dungeon segreti.

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Un lavoro di restauro coi contro… fiocchi, che accontenta maturi e giovani giocatori

Lo stile pastello di Wonder Boy The Dragon's Trap è delizioso, sebbene sia un pò diverso dalla concezione più "cartoonesca" dell’originale a 8 bit; le animazioni sono fatte molto bene. Gli sfondi sono stati ridisegnati a mano. La palette di colori predilige tonalità sature, e un tratto molto pulito.
A parte la riedizione in alta definizione non ho nulla da segnalare, se non un'estrema fluidità d’azione.
E’ possibile passare dall'audio originale (composto da Shinichi Sakamoto) a quello moderno (fatto di pezzi ri-arrangiati da Michael Geyre), anche senza cambiare la veste grafica: i due aspetti (estetica e sonoro) sono infatti gestiti separatamente, e permettono di mischiare le carte in tavola a piacimento.

Titolo: Wonder Boy: The Dragon's Trap
Genere: Platform
Sviluppatore: Lizardcube
Editore: DotEmu
Data di rilascio su pc: 8 giugno 2017

Commento finale

Wonder Boy: The Dragon's Trap non è il frutto di una mera operazione commerciale volta a far cassa, ma persegue l’intento di far conoscere all'attuale pubblico una grande produzione dell’era 8 bit. E’ inoltre uno dei rarissimi casi in cui la nuova veste estetica è più bella di quella passata.
In generale il lavoro dei Lizardcube è encomiabile: non è stata ritoccata l’esperienza tradizionale, le uniche aggiunte al gameplay del 1989 sono i 3 livelli di difficoltà e la possibilità di sceglier il sesso del personaggio principale. E’ possibile anche sfruttare il vecchio sistema di password.


Pro:
  • La nuova veste grafica è deliziosa
  • E' possibile passare all'audio e all'estetica originale in qualsiasi momento
  • Gli amanti del retrogaming andranno in brodo di giuggiole
  • Un lavoro filologico che rispetta la visione originale di Ryuchi Nishizawa


Contro: 
  • Longevità (ma è normale per questi giochi retrò)


Voto 8


Fonte immagini: Google