Thimbleweed Park | Terrible Toybox - Recensione

Thimbleweed Park è un’avventura punta e clicca che pare essere uscita dagli anni d’oro della Sierra e della LucasArts, il genio strampalato di Ron Gilbert è tornato




Da una coppia così, Ron Gilbert e Gary Winnick, non poteva che nascere una piccola perla


Se non conoscete queste due personcine che hanno fatto la storia dei punta e clicca e della LucasArts negli anni ’80 e ’90, probabilmente è perché siete molto giovani. Cito giusto alcune opere del passato per rinfrescare la mente: Maniac Mansion, Zak McKracken, The Secret of Monkey Island, Day of the Tentacle (di quest’ultimo è stata pubblicata nel 2016 una remastered su steam). Mentre sono più recenti i vari The Cave e DeathSpank.
Ancora una volta il crowdfunding — dopo averci regalato Divinity Original Sin, Wasteland 2, Pillars of Eternity, FTL, Torment Tides of Numenera, ecc… — ha permesso di portare alla luce qualcosa che probabilmente i publisher non avrebbero realizzato, analizzando le esigenze del moderno mercato videoludico. Su Kickstarter sono stati raccolti più di 600.000 dollari grazie a 15,623 backers.

Il mese di marzo si chiude col botto


Storia: è ambientata nel 1987 nella cittadina di Thimbleweed Park, una piccola realtà di provincia dell’immaginario entroterra americano. La storia del bizzarro territorio è legata indissolubilmente alla figura del vecchio Chuck, il proprietario di una fabbrica di cuscini passato a miglior vita per cause naturali. L’avventura inizia con l’uccisione “misteriosa” di un uomo di cui ovviamente inizialmente sappiamo ben poco. E su cui indagheranno gli agenti federali Ray e Reyes, una coppia che chiaramente fa leva sugli iconici personaggi di X-Files (Mulder e Scully).
La stravagante location — caratterizzata da numerosi negozi chiusi per fallimento ed appena un manipolo di cittadini al seguito —  è il teatro di un dramma che in qualche modo collega diversi personaggi. Sono sicuro che le fantastiche personalità ideate da Gary Winnick — tutte ben caratterizzate sotto il profilo carismatico e psicologico — non solo vi strapperanno qualche risata, ma saranno in grado di rimanere nel tempo nei vostri cuori. Tra esse cito Delores (un’aspirante sviluppatrice di avventure grafiche alla MMucasFlemm), il bipolare “sceriffo-a-rino", Franklin il fantasma, e lo scurrile Ransome il Clown (impossibilitato a metter da parte il trucco di scena a causa di un anatema).

Otto capitoli in cui si è giocato sul sicuro, senza osare… ma il risultato è nostalgicamente di forte impatto emotivo, senza crogiolarsi eccessivamente nell’autoreferenzialità


Thimbleweed Park | Terrible Toybox - Recensione


Gameplay: ruota attorno a singoli inventari (mettendo da parte le moderne sacche condivise) su cui bisognerà giostrarsi anche per far interagire tra loro i numerosi personaggi, al fine di risolvere gli articolati enigmi che veleggeranno verso un finale di forte impatto emotivo. Quest’ultimo sarà in parte modificato da alcune scelte compiute dal giocatore durante l’avventura.
Come in lavori del passato — ma anche nelle opere di Kojima, e nel recente Nier Automata — ritroviamo anche in Thimbleweed Park soluzioni meta-narrative, in cui gli sviluppatori giocano con i videogamer. I personaggi si rivolgono direttamente al giocatore, discutono delle dinamiche delle meccaniche atte a risolvere i puzzle, oppure puntano su stratagemmi autoreferenziali e nostalgiche citazioni.
La scommessa più grande è senza dubbio quella della riesumazione del classico sistema basato sull'accoppiamento degli oggetti con i verbi (parla, guarda, tira, chiudi, esamina, dai, usa, apri, raccogli, premi) — abbandonato dai vari esponenti dopo i primi anni 90 — e sorprendentemente valido ancora oggi. Un segnale che spero venga recepito dall'industria; c’è bisogno di maggiore diversità, e anche il ritorno al passato può essere ancora oggi merce spendibile.
La maturità della lettura dei tempi è invece evidenziata dalla doppia modalità implementata, da scegliere a inizio partita in maniera definitiva (non può essere modificata senza ricominciare da capo): casual e hard. Quest’ultima si avvicina all'esperienza che animava le succitate opere anni ’80 e ’90: gli enigmi sono di difficoltà importante e crescente (soprattutto negli ultimi tre capitoli), e impegnano per circa 12-15 ore. La modalità casual invece risulta più semplice, con una durata che si assottiglia sulle circa 6-7 ore, e taglia numerosi puzzle complessi dando inoltre alcune dritte per individuare il percorso corretto. Ha quindi l’indubbio merito di avvicinare i novizi a un genere ormai di nicchia, che ha addirittura mancato l'appello per alcuni anni; di contro però alcune situazioni e personaggi scompaiono con evidenti effetti sulla trama (piccoli buchi narrativi), e un manipolo di enigmi sono stati rivisitati per essere più accessibili.
Quello che ad ogni modo non cambia è la presenza del buon vecchio e sano backtracking.

Thimbleweed Park - LucullusGames


Comparto grafico: si avvale dell'intramontabile e gustosa pixel art che qui sfoggia una vivace palette di colori, capace — da sola, senza l’uso di feature aggiuntive — di creare profondità di campo grazie ai contrasti delle pennellate, oltre che simulare i giochi di luce e d’ombre. I fondali — ad opera di Mark Ferrari, già al lavoro su Loom (1990) — sono molto ispirati, nonchè rigorosamente bidimensionali (come da tradizione). Anche su questa scelta gli sviluppatori non hanno mancato di lasciare divertenti dialoghi da dare in pasto ai personaggi.

Comparto tecnico: su questo punto non si può certo essere prolissi visto che non ci sono effetti speciali da menzionare. Segnalo dunque solo una buona stabilità nel frame-rate, e l’assenza di bug o crash. Volendo è supportato anche il gamepad: il puntatore è controllato dallo stick analogico sinistro, mentre il D-pad permette di articolare — in maniera fluida — verbi di interazione e oggetti dell’inventario. Va da sè che il mouse rimane la scelta più appropriata.

Comparto audio: grazie al raggiungimento degli stretch goal i testi sono stati tradotti in italiano, mentre il doppiaggio audio rimane in un ottimo inglese. A parte qualche lieve discrepanza tra il parlato e le stringe di testo a schermo, la localizzazione nella lingua del Bel Paese — a opera di Fabio “Kenobit” Borlotti — è generalmente buona, soprattutto considerando che la difficoltà maggiore era quella di rendere in italiano modi dire e giochi di parole di uno specifico slang d’oltre mare. Le musiche orecchiabili sono il frutto del lavoro di Steve Kirk, già apprezzato in passato con Voodoo Vince e Star Wars: The Old Republic.

Titolo: Thimbleweed Park
Genere: Avventura grafica Punta e Clicca
Sviluppatore e Editore: Terrible Toybox  
Data di rilascio su pc: 30 marzo 2017

Commento finale: Thimbleweed Park non cade né nell'eccessiva facilità di fondo delle avventure grafiche moderne, né nell'astrusità che accomuna alcuni esponenti del genere quando tendono a forzare le soluzioni per non risultare troppo immediate. Il sistema di gioco è rétro, ma non demodé: il giovane giocatore può approcciarsi all'avventura con una prima run in modalità casual, per poi imbarcarsi magari nella più profonda esperienza hardcore. Il gioco di Terrible Toybox riesce a strappare diverse risate senza cadere nel cattivo gusto, sfruttando invece l’arguzia e il cinismo tipici di un’altra epoca.

Pro:
  • Personaggi ben caratterizzati
  • Scrittura intelligentemente nostalgica 
  • Umorismo d'altri tempi
  • Modalità casual per i novizi
  • Musiche e doppiaggio audio
  • Enigmi impegnativi ma non quanto quelli del lontano passato


Contro: 
  • Un pò di confusione manovrando contemporaneamente più personaggi
  • Nessuna innovazione


Voto 8,8



Fonte immagini: Google