Shadow Warrior 2 ci riporta nelle lande infestate di demoni e membri della Yakuza; ci penserà di nuovo Lo Wang, accompagnato da una simpaticissima Kamiko
La trama, come nel predecessore, è poco più di un pretesto per uccidere demoni in quantità industriale
La differenza sostanziale è che il plot dello Shadow Warrior del 2013 era più tradizionale (nella costruzione), quindi le vicende — soprattutto per un prologo più interessante, perché incastonato nell'immaginario orientaleggiante — potevano avere una presa più forte sul giocatore.
In Shadow Warrior 2 invece sia l’intreccio narrativo che l’avanzamento in-game non sono più lineari, e questo provoca un generale spaesamento. Il valore narrativo è il medesimo, c’è solo un ritmo più dilatato a causa del nuovo format. Tutto, quindi, è gestito stavolta dall’hub centrale: le missioni sono strutturate in maniera “simile” a titoli come Destiny e Borderlands. Dalla mappa globale, ci teletrasportiamo nello stage desiderato e: facciamo man bassa di morti, recuperiamo oggetti importanti, e ritorniamo all’ovile. Niente più livelli lineari chilometrici.
Ci sono importanti miglioramenti, come il rivisto bilanciamento delle diverse tecniche d’apprendere, senza spingere per forza sulla katana che rimane comunque la regina indiscussa. Inoltre ci sono diverse novità come una maggiore personalizzazione e l’aggiunta della modalità cooperativa online fino a 4 giocatori. Ma andiamo per gradi, analizzando le diverse componenti.
La fiera dello spatter, s'arricchisce di una dolce voce in sottofondo
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Shadow Warrior 2 - Recensione |
Storia: ambientata 5 anni dopo gli venti del predecessore. A quanto pare, dopo tutto l’ambaradan inscenato in passato, quel cattivone di Orochi Zilla proprio non vuole smetterla di crearci casini.
Il pretesto per affettare i nemici, stavolta, è alimentato dall'incombenza di purificare le spoglie di Kamiko. Un esperimento andato male ha di fatto permesso a un Demone d’impossessarsi dell’avvenente figlia di un boss della Yakuza. Poiché l’essere la sta consumando, non resta altra soluzione che separare lo spirito dal corpo, che finirà momentaneamente nelle membra dello sboccato e irriverente Lo Wang.
Con le dovute proporzioni, la storia — dunque — si ripete: la lingua tagliente di Hoji è sostituita dalla petulante Kamiko che non le manderà certo a dire, e non perderà occasione di metterci a conoscenza delle sue “illuminanti” opinioni.
Più veloce, più dinamico, più tecnico
Gameplay: decisamente più dinamico e veloce. Ciò è dovuto al rinnovato moveset che prevede sprint, strafe laterali e doppio salto, per sfruttare la maggiore verticalità degli scenari. Proprio questi ultimi vantano un level design decisamente più maturo, che fa il verso agli arena shooter.
L’ottimo feeling delle armi, e i movimenti fluidi del protagonista, rendono il titolo più tecnico e stimolante. Le mappe sono più ampie, ma a differenza di un Serious Sam sono meno vaste e più verticali. Tuttavia la presenza di maggiori dettagli e strutture, all’interno delle location, rende anche alcune sezioni più caotiche: una maggiore pulizia avrebbe evitato questi momenti.
Rispetto a Doom (ottimo reboot del 2016) abbiamo decisamente più tecniche a disposizione, ma anche nemici posizionati con minor eleganza; il che si traduce in un ritmo meno variegato e controllato.
Come 3 anni fa, il combat system poggia sul mix di “magie”, armi bianche e bocche da fuoco (a cui poter aggiungere anche danni elementali); le tecniche sono migliorabili spendendo i punti guadagnati salendo di livello (ad esempio è possibile sfruttare 2 armi in contemporanea). La spruzzatina Gdr ha preso stavolta il sopravvento.
La caratteristica peculiare è l’incredibile fluidità che ci permette di cambiare approccio senza soluzione di continuità. La danza di morte viene rotta solo per recuperare la salute, anche in tal caso il dinamismo non ci abbandona, permettendoci di recuperare le forze in totale movimento. La longevità (che ovviamente è determinata anche dalla difficoltà impostata) della sola main-quest supera tranquillante le 15 ore; si rivela quindi ottima rispetto alla media degli shooter moderni. La ricerca di tutti i segreti sparsi per gli stage (rivisitabili per completare il titolo al 100%) permette d’incrementare il valore succitato.
Le armi — più di settanta, di cui solo otto liberamente incastonabili nella ruota selezionabile — sono ampiamente potenziabili, ognuna è accompagnata da 3 slot. Gli upgrade sono ubicati nei bauli sparsi nei livelli e nei cadaveri di alcuni avversari. Tra gli strumenti dl mestiere, segnalo: arco, artigli di demone, pistola, doppia sega circolare, lanciarazzi, lanciagranate, fucile da cecchino, fucile d’assalto, shuriken, doppia katana (anche in versione laser), uzi, fucile a pompa, mitragliatrice pesante, sparachiodi, varie ed eventuali.
Inoltre avremo a che fare con i venditori per disfarci dell’armamentario in eccesso, oltre che accedere alla forgia dove fondere 3 potenziamenti al fine di ottenerne uno nuovo.
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Shadow Warrior 2 - LucullusGames |
IA: non è stata evoluta, e gli avversari non brillano per manovre tattiche; il leitmotiv partorito è più che altro puntare dritti contro la nostra figura, a mò di fiume in piena. Ciò non significa che il titolo sia semplice, soprattutto se impostate la difficoltà al massimo: il numero degli avversari vi metterà anzi più volte sotto scacco. La morte tuttavia non rende pesante il l’incedere, giacché il respawn è immediato.
In generale la varietà è migliorata, incontreremo: demoni, cyborg, ninja membri della Yakuza, robot giganteschi, insetti, sciamani, kamikaze, ecc…
Ovviamente non potevano mancare pure le più impegnative boss fight.
Comparto grafico: l’art direction è ispirata. Ci sono diversi colpi d'occhio piacevoli, arricchiti anche da un ricercato accostamento di colori.
In generale, la varietà delle location è buona, grazie alla generazione randomica, anche se alcune porzioni dello scenario vengono riciclate. Il procedurale ha l’indubbio vantaggio di colpire il giocatore con sezioni consecutive diametralmente differenti: passare da una campagna medievale giapponese a un set futuristico (alla Halo) non può lasciare assolutamente indifferenti.
Comparto tecnico: la modellazione poligonale non è eccezionale e le texture non sono curate come quelle di un titolo tripla A, ma ci si può passar sù, visto che stiamo pur sempre parlando di una produzione “indie”; anche se il budget è sicuramente superiore di quello di altri titoli partoriti da poche menti, magari in un garage. Sono altresì presenti delle compenetrazioni poligonali e dei glitch grafici minori; il frame-rate è solido, si mantiene ben al di sopra dei 60 fotogrammi al secondo.
Comparto audio: il contenuto prevede battute trash e parolacce a gogò — condite, ovviamente, dagli immancabili doppi sensi e da un pizzico di nonsense. La tracklist è ancora più curata che in passato; pure stavolta il tema principale è eccezionale. Il gioco non è localizzato in italiano, ma sono presenti i sottotitoli: sebbene l’inglese sia scolastico, si rischia di perdere il senso di molte battute se non si conosce bene la lingua.
Titolo: Shadow Warrior 2
Genere: Fps
Sviluppatore: Flying Wild Hog
Editore: Devolver Digital
Data di rilascio su pc: 13 ottobre 2016
Commento finale: mi sarei aspetto stavolta una storia un pochino più curata, in grado di far fare il salto di qualità alla produzione; ma va detto che questo genere di videogame si può reggere benissimo anche sulle sole meccaniche di gioco. La nuova struttura esalta meglio la giocabilità, tuttavia è soggetta a gusti personali. Probabilmente in co-op ci si diverte anche di più.
I passi in avanti ci sono, ho trovato Shadow Warrior 2 più maturo del predecessore, e il divertimento è assicurato. Il ritmo è però più dilatato.
Pro:
- Mix di tecniche, magie, bocche da fuoco
- Usare la Katana è ancora incredibilmente appagante
- Modalità cooperativa online
- Contesto sopra le righe
- Alcuni colpi d'occhio gradevoli
- Poca varietà effettiva nei pattern d'attacco nemici
- La storia poteva essere più curata
- A volte c'è un pò di confusione a schermo