Mirror's Edge Catalyst - Recensione

Mirror's Edge Catalyst ridipinge Faith: un tipetto interessante, deciso, e con un passato che urla vendetta


Il focus del gioco non poteva che girare attorno parkour


Fondamentalmente si tratta di esplorare gli ambienti in costante movimento e guidati dall’istinto, senza un percorso definito a priori. Per giungere alla meta, saremo chiamati a volteggiare nell’aria, operare girate a 180°, aggrapparci a droni impazziti, e sgattaiolare via da scontri a fuoco individuando rampe e tramezzi, nonché crearci vie di fuga alternative laddove le impalcature proveranno a sbarrarci il sentiero verso la libertà.
E se il nemico proprio non vuole sentire ragioni? O lui o noi: s’ingaggia lo scontro.
Volano colpi repentini, e caricati dalla forza cinetica di una sensuale danzatrice asiatica. Se il flusso non rallenta, i passi leggiadri della protagonista saranno fatali per gli avversari. Ma non aspettatevi battaglie memorabili, purtroppo la sfida non è materia promossa a pieni voti, e la narrativa l’accompagnerà a settembre per il recupero dei crediti.
Le tematiche hanno dei buoni spunti di riflessione, ma lo sviluppo è poco curato, scadendo spesso nel banale o nel già visto. I personaggi sono spesso stereotipati, e troppo statici; stesso discorso per l’ambiente circostante.

Mirror's Edge Catalyst Recensione

Sincronizzazione, tempismo, velocità, telecamera in prima persona, esplorazione, intuito e occhio clinico


Storia: in una città-gioiello, simbolo del progresso e del rigore incorruttibile, giace un celato segreto, partorito da una corporazione senza scrupoli.
Invero ci sarebbe anche un’altra parte della città, quella poco simpatica dei ruderi, e della povertà: City of Glass ci ricorda un po’ quella metà di Neo Parigi da dimenticare. Ma qui non si combatte per rendere libere le memorie dei cittadini: qui l’ordine è garantito dal controllo delle coscienze. Come in ogni sistema troppo rigido, e come in ogni utopia che si rispetti, spesso le buone intenzioni finiscono addirittura per palesarsi come quegli stessi mali che si voleva combattere. Bioshock Infinite ci ha provato a insegnare questa dura verità, ma ahimè qui le idee di Ken Levine non paiono essere arrivate, ergo sono alcune personalità che auspicano un cambiamento a chiedere l’aiuto dei runner: ideali per consegnare documenti scomodi, senza essere carpiti dagli occhi indiscreti della KrugerSec.

La bella Faith, appena fuori dalle sbarre, dovrebbe reinserirsi nella società, cercando un posto di lavoro entro una predeterminata data; ma, ovviamente, la ragazza - cresciuta un tempo da Noah, leader di una congrega di "scalatori di tetti" - pare avere aspirazioni più libertine. Alimentata dal rancore per Gabriel Kruger, reo della morte dei suoi genitori e della sorella Kat, si muoverà tra i tetti cristallini della città governata dal Conglomerato per…

Faith


Gameplay: ruota attorno alle abilità da apprendere per padroneggiare al meglio il corpo di Faith nel parkour. La scoperta di nuove scorciatoie, rese disponibili dai gadget e dall’indispensabile intuito del giocatore, sono la parte più gustosa del titolo targato DICE. Rispetto al predecessore, siamo in grado di partorire una serie di movimenti più dinamici e complessi; gli spazi più ampi, così come le innumerevoli strettoie - scovate dagli occhi più voraci - rendono l’evoluzione delle acrobazie più piacevoli e stimolanti.
Il nostro personaggio, dai tratti orientali, può contare stavolta su un albero delle abilità per sbloccare diverse skill, organizzate in tre macro-categorie: equipaggiamento, combattimento, e movimento. Nella prima voce fa la sua comparsa il rampino magnetico, con cui è possibile (solo in alcune sezioni della mappa): oscillare, superare lunghe distanze orizzontali e verticali, ed eliminare ostacoli impertinenti. Tra le altre cose, siamo in grado pure di disattivare ventole d’areazione.
Perdiamo invece il supporto delle armi raccolte da terra: meccanica che - nel precedente capitolo - rompeva il costante movimento atto a scansare i proiettili.


Side-quest troppo ripetitive e simili tra loro

Si tratterà di muoverci da un punto A ad un punto B in un dato lasso temporale, la cui riuscita è legata fortemente alle abilità apprese: quindi nella parte finale della main-quest saranno più abbordabili. Certo, fondamentalmente siamo dei corrieri, ma si potevano inserire maggiori varianti; soprattutto si doveva sfruttare di più la narrativa per rompere la monotonia, come ci ha insegnato The Witcher 3.
Ci sono, tra le secondarie, alcune missioni di particolare interesse  pratico, come quelle relative all’hacking dei Nodi di Rete: indispensabili per rendere disponibili i viaggi rapidi tra i vari nascondigli della nostra combriccola.

Multiplayer asincrono, e leaderboard per verificare i tempi migliori 

E’ possibile, difatti, creare sfide a tempo personalizzate sì da sfidare altri runner reali; un po' come accade in alcuni titoli automobilistici, ad esempio Ridge Racer Unbounded. Sempre tra le attività social si possono lasciare indicazioni per raggiungere i punti più ostici da raggiungere.
Per terminare, non potevano mancare, essendo un Open World, i vari collezionabili.
La longevità è scarsa per un sandbox: è inferiore alle 10 ore per la quest principale, e alcune secondarie. Si può aumentare il conteggio dedicandosi ai collezionabili e a tutte le missioni secondarie.

City of Glass


IA: nemica deficitaria e poco stimolante. I nemici sono poco diversificati e strutturati, i loro pattern sono privi di spessore tecnico. Va sottolineato, però, che l’approccio richiesto non è quello canonico dello scontro frontale. Anzi lo scontro diretto va spesso evitato, sgusciando via quando possibile. Bisogna sfruttare muri e impalcature per inanellare slanci continui sì da abbinare la forza, all’eleganza e alla leggiadria dell’affascinante runner. Gli attacchi in volo, e le scivolate ci salvano spesso dalle mischie di nemici armati con bocche da fuoco. Bisogna restare sempre in movimento, sì da caricare lo scudo cinetico: più resistente delle poche tacche di salute a nostra disposizione. Sbilanciare il nemico, farne scontrare due vicini, spingerne "affettuosamente" le sagome giù dal parapetto è più efficace che ingaggiare una contesa a ritmo di calci e pugni. Il combat system richiede, quindi, di ripensare allo scontro in modo differente dal solito: non siamo dinanzi al free flow di Remember Me (tanto per rimanere nel contesto sci-fi, con un personaggio femminile).
La nuova iterazione della Visione del Runner è stilisticamente carina, ma poco attraente sul versante esplorativo: gli aiuti visivi sono eccessivi, la scia purpurea individua chiaramente direzione ed elementi con cui interagire. Meglio optare per la classica impostazione del predecessore, con i soli elementi d'interazione via via bagnati da un luminescente corvino. Se proprio volete puntare tutto sul vostro istinto è possibile anche eliminare qualsivoglia indicazione.

Comparto grafico: lo stile futuristico è particolare. Clinico e asettico all’esterno, per poi animarsi un pò negli interni sia con cambi di registro (grazie ai colori saturi) che con maggiori dettagli. Questa pulizia - quasi immacolata - è solo un inganno superficiale, come impareremo a capire nelle vicende. E questo contrasto giocato sia sul piano narrativo che grafico è di grande effetto.
Il design geometrico, e scarno, degli elementi ambientali è evocativo, ma anche molto ispirato a quello già visto col primo Mirror Edge. Ma la mole poligonale non è sbalorditiva, e la gestione dei colori e delle pennellate dinamiche - a rischiarare passerelle e ostacoli - serve anche a nascondere le magagne di una produzione non proprio al passo coi tempi.
La direzione delle cut-scene è di notevole fattura, come ci ha abituati spesso EA negli ultimi anni, anche con altri prodotti meno brillanti come Dead Space 3.

Comparto tecnico: le animazioni dei nemici sono innaturali, e gli impatti sono poco credibili; decisamente meglio quelle feline della  nostra protagonista. Il sistema d’illuminazione è altalenante: ci sono sezioni caratterizzate da un’ottima gestione delle fonti di luce, mentre in altre non vedremo riflessa nemmeno la sagoma di Faith. Il Frostbite 3 offre diverse opzioni su cui intervenire, per adattarsi alle differenti configurazioni hardware: illuminazione, filtro anisotropico, motion blur, occlusione ambientale, post-processing, e qualità delle texture.

Comparto audio: temi di matrice elettronica di buona qualità, pur senza eccellere; ma non salgono bene in cattedra proprio quando invece dovrebbero: durante l’esplorazione, la musica non resta sempre in primo piano. Una maggiore varietà, e incisività sarebbero state gradite. Il doppiaggio in italiano - orfano, per fortuna, della svogliata scorsa interpretazione di Asia Argento - è di buon livello; si poteva, però, fare di più sul lato espressivo dei volti.

Titolo: Mirror's Edge Catalyst
Genere: Action-Adventure
Sviluppatore: DICE
Editore: EA
Data di rilascio su pc: 9 giugno 2016
Piattaforme: Pc, Ps4, Xbox One

Commento finale: non si tratta di un titolo completamente nuovo, ma un reboot che prende molto dal primo capitolo, ed è strano - per questo - vedere alcuni passi falsi che dovevano essere evitati, soprattutto riguardo il combat system e il lato tecnico: già criticati in passato. La narrativa, poi, poteva essere sfruttata decisamente meglio, per dare forza e immedesimazione ad un contesto di per sé già carico di fascino. Un errore che si rende più marcato in un reboot, che dovrebbe per definizione affondare il suo senso proprio nella nuova cementificazione delle fondamenta.
Il parkour invece è ottimo: più dinamico e maturo, ma anche meno innovativo, visti oramai altri prodotti action usciti negli ultimi anni, vedasi Dying Light.
E' un prodotto di nicchia, non perfetto e non adatto a tutti i palati: si poteva fare qualcosa in più, ma resta comunque un opera particolare per chi cerca qualcosa di diverso dal solito action.

Pro:
  • Parkour 
  • Atmosfera
  • Caratterizzazione di Faith


Contro: 
  • Combat system
  • Narrativa


Voto 7,7



Fonte immagini: Google