Recensione di Tomb Raider: Anniversary

Remake del primo capitolo datato ’96, in onore delle prime 10 candeline di Lara



L’originale era stato partorito d’allora britannica Core Design, questa volta l’archeologa è diretta dai ragazzi di Crystal Dymamics già autori del precedente Tomb Raider Legend. Pur trattandosi di una riedizione ci troviamo di fronte un'opera rivista non solo esteticamente, con un nuovo motore grafico e texture più dettagliate, ma anche nel gameplay: sono riprese le movenze più fluide ed armoniose del primo titolo di questa trilogia statunitense che inevitabilmente influenza anche le sezioni puzzle solving, ricreate anche attorno al nuovo rampino non più magnetico ma in grado di muovere alcune piattaforme dello scenario. La testimonial del brand si riconferma Karima Adebibe.

Storia: il contesto cementa le sue basi nella Los Alamos del 1945, dove una violenta esplosione riporta alla luce un enorme cristallo al cui interno era assopita una magnifica creatura del passato. 
Quindi 51 anni dopo Lara è avvicinata da Jacqueline Natla -una facoltosa donna d’affari- che riesce a stuzzicare l’interesse della signorina Croft, tanto da farla imbarcare per un viaggio alla ricerca dei frammenti di un misterioso manufatto legato alla figura del re d’Atlantide, in Perù. L’antico artefatto è chiamato Scion, un talismano sulle cui tracce si era messo in marcia lo sesso Richard Croft anni addietro.

Gameplay: vecchio sistema e “nuova filosofia” sono miscelati sapientemente. Ritornano: l’inventario ad anello, i medikit risicati e posizionati in luoghi impervi, e l’esportazione profonda.
Le atmosfere originali, i rumori viscerali, quel senso d’angoscia e solitudine, quel brivido d’avventura, di scoperta e la sensazione di sconforto che si materializzavano dinanzi all’ennesimo vicolo cieco nell’esplorazione profonda di mappe enormi e labirintiche... Sono fatti salvi.
Da un lato vengono messe da parte le sezioni puramente action di Legend, dall’altro ritroviamo di quest’ultimo il rinnovato sistema di controllo della formosa ricercatrice. Salta, s’arrampica, si presta ad acrobazie, corre (anche sui muri se vicino è presente una fune su cui far leva), s’accovaccia, e nuota in assoluta fluidità… Diversamente dall’originale capitolo. 
Non dobbiamo più preoccuparci delle hitbox nei salti non proprio precisissime delle precedenti interazioni, ora dobbiamo invece mantenere l’attenzione sulla stabilità della protagonista in presenza di superfici più adatte a equilibristi. 
I livelli sono dunque stati rivisti per adattarsi a questo nuovo approccio: alcune scene sono state tagliate e altre ricreate da zero.

Ma non è un mero mix di componenti, ci sono alcune new entry: la scelta tra l’appiglio manuale o automatico, la presenza di Quick Time Event per nulla invasivi e in grado di spezzare l’incidere, e l’attivazione della mossa speciale dopo aver eluso un attacco avversario. In tal caso, sfruttando il giusto tempismo, saremo in grado di sferrare fatali headshot durante una sorta di bullet time; una meccanica particolarmente efficace nelle Boss Fight.

Gunplay: l'arsenale come al solito non è corposo. Faremo leva sulle immancabili pistole, un fucile a pompa, e mitragliette. Le bocche da fuoco vanno scovate all’interno dei livelli e le munizioni in generale saranno centellinate.

I.A: è feroce, trattandosi più che altro di routine legate ad animali veraci, e predatori spietati; tuttavia non mostrano particolari pattern d’attacco, non sfruttano la coralità.
Gli enigmi non sono circostanziati come in Legend ma si diramano su una mappa più vasta, anche la difficoltà ritorna ai fasti d’un tempo: alcuni puzzle sono perfino più audaci.

Comparto grafico: le locations sono abbastanza varie tra Egitto, Grecia, Perù… Il colpo d’occhio è chiaramente migliore, anche se qualche incertezza rispetto a Legend è visibile, ma nulla di preoccupante.

Comparto tecnico: il motore grafico di Tomb Raider Legend consente un maggior dettaglio generale, textures più rifinite, ma il sistema d’illuminazione non sempre risulta convincente. La telecamera rispetto al ’96 non è più fissa ma mobile, ciò rende il tutto più spettacolare ma non sempre risulta posizionata alla perfezione.

Comparto audio: più che buona l’effettistica ambientale e il doppiaggio. I temi musicali sono buoni, ma si è voluto ridimensionare il loro tocco per far cogliere al giocatore l’essenza originale del titolo, con il suo ritmato gioco di rumori e silenzi.

Commento finale: anche in passato dunque c’erano le remaster, ma circa 8 anni fa si cercava anche di festeggiare un traguardo importante, in un periodo di ripresa appena avvenuta, per il franchise. 
Ritroviamo ottimi enigmi platform; lunghe perlustrazioni, anche a vuoto; ma ci imbattiamo anche in interazioni ambientali a mezzo di un rinnovato rampino (anche se non si è voluto esagerare con l’uso di questo, per non snaturare la struttura del primo episodio).
Gli extra sono incentrati sul fanservice: commenti dei produttori, foto, video, costumi alternativi da far indossare a Lara, e la possibilità di affrontare nuovamente i livelli sotto la veste di sfide a tempo.
Un buon lavoro di restauro quindi, un capitolo centrale della trilogia che andrà a chiudersi con Underworld.


Voto 7,8