Recensione di Ghostbusters: The Video Game

Ghostbusters: The Video Game trasuda l’anima dei lungometraggi, e sfrutta idee che sarebbero state alla base del mai realizzato terzo capitolo, anche se pare esserci qualche novità nel 2016



Pecca nel bilanciamento e in alcune scelte di game design, ma l’atmosfera è eccezionale


Essere cadetti, matricole, novellini, pivelli… non è mai facile, qualsiasi sia la professione/situazione di riferimento. Ma se in spalle avete lo zaino protonico che attraverso il ciclotrone riesce a scatenare un flusso instabile in grado di generare “ipoteticamente" danni su vasta scala sull’intera Contea dello Stato di New York… allora non c’è da stare sereni; anche se siete armati di un rilevatore d’energia psicocinetica…ma ehi! Siate fieri di voi, perché farete parte di un’élite.
Dimenticavo di darvi un consiglio fondamentale, ricordate: “quando qualcuno vi chiederà se siete o no un Dio... voi dovrete dire…Siii"

Ghostbusters: The Video Game


Storia: 1991, New York City è infestata nuovamente. Questa volta il caos prenderà corpo con l’avvicinarsi dell’importante mostra dedicata ad una vecchia conoscenza, Gozer. Il lavoro non manca quindi gli acchiappafantasmi ingaggiano una recluta, di cui non conosciamo né voce né personalità; un po' come i personaggi in prima persona dei vecchi Fps alla Doom. Noi impersoneremo proprio questo cadetto.

Gameplay: le meccaniche base sono quelle del Tps ma senza coperture alla Gears of War per ovvie ragioni. Il nemico non è il classico alieno/umano che imbraccia armi bianche/bocche da fuoco, ma è costituito da ectoplasma; urgono allora misure drastiche.
L’obiettivo sarà sempre eliminare/catturare i fantasmi. Questo format non annoia mai grazie all’atmosfera già apprezzata nei lungometraggi, alla gestione degli spazi (aperti/chiusi), alla presenza del supporto dei colleghi, alla varietà di nemici e metodi da mettere in essere per soggiogarli.
In generale faremo uso del flusso protonico per stordire le entità, quindi procederemo ad inibire la loro resistenza scaraventandoli a destra e a manca, poi procederemo posizionandoli sul cono luminoso partorito dalla trappola di contenimento. La gestione del surriscaldamento dello zaino protonico sarà fondamentale per coordinare gli attacchi prima, e spostare l’attenzione sulle schivate poi, attendendo l’abbassamento della temperatura del congegno. Egon fornirà via via degli upgrade, con ulteriori armi (spara melma, mitragliatrice fotonica) e potenziamenti; nonchè nuove modalità d’intervento, come il congelamento.

Muniti di rilevatore d’energia psicocinetica, ci imbattiamo nell’altra anima del titolo Terminal Reality, quella puzzle. Telecamera in prima persona e via alla ricerca di ectoplasmi, zone celate e manufatti segreti rilevati dal visore, da cui accedere per visionare statistiche, e “bestiario” per analizzare punti deboli e specialità dei fantasmi già incontrati.



IA: in generale la difficoltà è tarata vero il basso, e complice la veloce rianimazione dei compagni, non s’incontrano particolari ostacoli. Alcuni punti della trama però sono avidi di caos, generato dalla mole di nemici che inevitabilmente ci riproporrà scene da ripetere; ma non preoccupatevi a tenere alto il morale ci saranno le battute del Dott. Peter Venkman. A scandire il proseguo dell’avventura ci saranno le sezioni Boss Fight in cui l’attenzione richiesta andrà elevandosi.

Comparto grafico: le locations sono in parte riprese dall’iconica saga cinematografica
(Hotel Sedgewick, Times Square, Biblioteca, il Museo di Storia Naturale) ed in parte sono di nuova ispirazione.
E’ interessante la dimensione parallela; inizialmente prevista anche per il primo film, poi scartata dal budget non ritenuto adeguato. Trova qui sbocco, insieme ad altre idee mai partorite prima.
La paletta cromatica pur non stupendo per ricercatezza, riesce a viaggiare su 2 binari, con pennellate spente (tendenti al grigio) per gli ambienti di gioco della città e più accese per le entità e le loro scie d’ectoplasma (tendenti sul verde). Buone le cut-scenes.

Comparto tecnico: la telecamera non sempre risulta posizionata al meglio e il personaggio a volte s’incastra in oggetti dello spazio circostante, alzando la difficoltà nelle situazioni di mischia. Le animazioni risultano un po' legnose. Le texture sono in bassa definizione. In generale i personaggi e i fantasmi risultano più curati nei modelli rispetto all’ambiente di gioco; i volti dei protagonisti riprendono in maniera sufficiente i lineamenti, ma le emozioni scaturite dai contenuti dei dialoghi non sono in simbiosi con i muscoli facciali. E’ presente poi della leggera compenetrazione poligonale. Discreta la gestione della fisica relativa a distruttibilità degli oggetti; sufficienti gli effetti particellari legati ad armi e fantasmi.

Comparto audio: temi musicali ripresi direttamente dai film. Il doppiaggio in inglese vanta le voci degli attori originali. Da segnalare dell’asincronia nel labiale.

Commento finale: la qualità in generale va al di là del solito tie-in; si poteva fare di più ma l’atmosfera è buona e sono presenti tante citazioni e oggetti, Ecto-1 inclusa, già apprezzati al cinema. Il plot è lineare ma piacevole - con un paio di colpi di scena - soprattutto per i fan; peccato solo per alcune sezioni un po' sbilanciate che costringeranno alla ripetizione di alcune azioni.

Pro:

  • Atmosfera 
  • Personaggi iconici
  • Temi musicali


Contro: 

  • Alcune sezioni sbilanciate
  • Telecamera non sempre ben posizionata


Voto 7,5



Fonte immagini: Google